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Cosa si intende per “dipendenza da Whatsapp”? “Non si può non comunicare”: questo il primo assioma della Pragmatica della Comunicazione Umana, postulato dal celebre psicologo Paul Watzlawick intorno agli ’70. Con questa opera viene modificata totalmente la visione sulla comunicazione, intesa a partire da quel momento e fino ad oggi come un processo complesso, sistemico, circolare. Se questa prospettiva risultava valida un cinquantennio fa, lo è ancor di più adesso, con l’introduzione delle nuove tecnologie come strumento di interrelazione che ha totalmente rivoluzionato la vita umana. Da un lato si è assistito ad un processo di complessificazione della comunicazione, dall’altro questa è diventata più immediata, veloce, smart.
Se fino a qualche anno fa ci si preoccupava di quanti messaggi si potessero inviare, ora non è più concepibile pensare ad un limite non solo della comunicazione, ma anche del tempo trascorso sul telefono e degli spazi che si possono raggiungere con una semplice applicazione, come WhatsApp.
Probabilmente è proprio a causa di questa possibilità illimitata se è stato possibile assistere all’insorgere di cattive abitudini, che talvolta possono degenerare in patologia, come quella della dipendenza da WhatsApp, da non confondere con la dipendenza da chat o dal bisogno di sentirsi continuamente connessi con gli altri, sintomo della FOMO. Tale problematica consiste proprio nell’impossibilità di sopravvivere senza l’utilizzo di tale app che permette il mantenimento cronico dei rapporti interpersonali. Proprio in virtù della facilità di utilizzo ed agli enormi vantaggi che il suo uso ha comportato, essa è una delle app più usate al mondo e, accanto ad un suo uso sano e funzionale, se ne affianca uno più patologico, che sfocia spesso in abuso o addirittura dipendenza.
Tra tutte le app di messaggistica istantanea disponibili sul mercato globale, WhatsApp si colloca al primo posto su scala mondiale per l’utilizzo da parte degli utenti. L’applicazione vanta cifre da record: conta oltre un miliardo e mezzo di user, con un numero di 100 miliardi di messaggi scambiati quotidianamente, come lo stesso Will Cathcart, capo di WhatsApp, ha annunciato fieramente con un tweet. Si stima inoltre, che il tempo medio trascorso su questa app sia di almeno 8 ore al giorno.
Nel 2019, in Italia, il novero di utenti dell’app è del 32.9%, posizionandosi al 7° posto a livello mondiale per numero di fruitori.
Se si pensa alla mole di dati che vengono scambiati sistematicamente attraverso questa app, è indiscutibile il suo successo, oltre che l’utilità percepita da parte degli utenti. Non solo per la sua alta fruibilità, ma anche perché in maniera efficace riesce ad appagare uno dei bisogni umani più radicati ed istintivi, ovvero quello di condivisione e di scambio interpersonale che, attraverso Whatsapp (ed altre app) si estende anche a livello virtuale. In qualche frazione di secondo è possibile sentire vicino qualcuno che vive dall’altra parte del mondo, far sapere ad un amico che lo si sta pensando mandandogli una foto, andando ad implementare la vasta rete di connessioni umane. Motivo per cui sono in molti a soffrire di Gaming Disorder, inizialmente per sopperire il bisogno di condividere un’esperienza di gioco con amici fisicamente lontani per poi rifugiarsi in un mondo ideale ma molto lontano dalla realtà.
Nonostante la dipendenza da WhatsApp possa essere considerata, in virtù della peculiarità del suo uso, una patologia a sé stante, è importante rammentare una sua possibile connessione con altre forme di addiction. Si pensi banalmente al fatto che sia inevitabilmente subordinata all’utilizzo di uno smartphone ed alla connessione ad internet, che a loro volta possono individuarsi come forme di dipendenza, assieme ad altre:
Per comprendere se si è nel mezzo di una dipendenza da WhatsApp, se si sta abusando di questa tecnologia o se la si utilizza in modo “sano”, possiamo imparare a porre più attenzione al nostro comportamento, chiedendoci ad esempio:
Sul web è possibile trovare un’infinità di test volti a valutare gli elementi a cui prestare attenzione e che indicherebbero la presenza di un’addiction da WhatsApp, ma anche, più in generale, dallo smartphone e da internet. È bene ricordare che, sebbene tali test siano sicuramente un modo per rispondere alla lecita curiosità di ciascuno, non devono mai sostituire il parere di un esperto ed il confronto con un professionista della salute mentale. I test rinvenibili sul web infatti, per quanto possano essere corretti nell’individuare potenziali segnali di disagio, non sono scientificamente validati ed il comportamento di dipendenza può variare da persona a persona, sortendo effetti e manifestazioni molto variegate.
La dipendenza da WhatsApp rappresenta l’espressione di un malessere, talvolta anche pervasivo e profondo, che va a ledere le capacità sociali della persona, soprattutto quando si trova in situazioni non virtuali.
Questa forma di addiction può manifestarsi anche attraverso sintomi fisici, psichici, sociali: nonostante si sappia ancora poco e la ricerca debba approfondire ulteriormente il mondo delle dipendenze senza sostanze, ci sono motivi sufficienti per ritenere che agisca in maniera similare ad altre forme di dipendenza, comportando finanche modificazioni fisiologiche, come ad esempio un rallentamento neuronale, che causa frequentemente difficoltà di concentrazione, attenzione ed autocontrollo (Seo et al., 2017).
Tra gli effetti che la Dipendenza da WhatsApp può avere su chi ne soffre troviamo:
Il disturbo di dipendenza da WhatsApp è una manifestazione di disagi che inficiano profondamente la vita della persona, le sue attività produttive, le relazioni sentimentali, le amicizie, arrivando a privare la persona del piacere nello svolgere qualsiasi altra attività che non sia lo spendere del tempo con lo smartphone.
Ci si chiede dunque come non essere dipendenti da WhatsApp e quale possa essere un rimedio per limitarne l’utilizzo, ridimensionando l’impatto negativo sull’esistenza individuale e consentendo l’uso funzionale di un’app come quella in questione che porta con sé enormi vantaggi. Una delle possibilità per guarire dalla dipendenza da WhatsApp è quella di avviare una vera e propria “digital detox”, ossia una disintossicazione digitale, cercando di porsi dei limiti nel tempo di utilizzo e gestendo attivamente i propri comportamenti legati all’uso delle nuove tecnologie in generale.
Talvolta, però, può risultare estremamente difficoltoso provvedere in autonomia a modificare un comportamento così automatico come quello dell’uso del cellulare e di WhatsApp, se non impossibile per chi vive una vera e propria dipendenza. Pertanto, uno dei rimedi maggiormente efficaci, come dimostrato anche dalla ricerca scientifica, è il ricorso ad uno psicoterapeuta, in particolare di stampo cognitivo-comportamentale, ovvero ad un esperto della salute mentale che possa accompagnare la persona nella gestione dei propri comportamenti e di tutti i pensieri legati alla dipendenza, andando ad implementare anche le competenze relazionali e le risorse individuali presenti in ciascuno.