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La Distimia, attualmente denominata Disturbo Depressivo Persistente, è un disturbo depressivo cronico, la cui caratteristica essenziale è un tono dell’umore deflesso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, per almeno 2 anni, o almeno 1 anno nei bambini e negli adolescenti.
Il suo esordio è spesso precoce ed insidioso e il decorso cronico per definizione. I primi sintomi della distimia possono comparire fin dall’infanzia, tanto da implicare una duplice categoria diagnostica: Distimia ad esordio precoce (prima dei 21 anni) o Distimia ad esordio tardivo (dopo i 21 anni).
Lo studio ESEMeD (European Study on the Epidemiology of Mental Disorders) ha evidenziato che la prevalenza di depressione maggiore e Distimia nell’arco della vita è pari all’11,2% e la Distimia nello specifico si rileva nel 3,4% della popolazione, di cui la maggior parte sono donne.
Per la Distimia, così come per tutti i disturbi depressivi, non è stato possibile rintracciare una causa eziologica specifica. La letteratura però suggerisce una serie di fattori predisponenti o trigger che possono elicitare la sintomatologia distimica, a partire dallo stile di vita fino a caratteristiche neurobiologiche intrinseche.
Per quanto riguarda le cause biologiche della Distimia, la letteratura scientifica è ancora incerta: si pensa, infatti, vi sia la presenza di tratti biologici peculiari a livello neurocellulare. Tuttavia, il fatto che certe persone distimiche non presentino alterazioni dell’attività cerebrale rende ancora ipotetica questa teoria.
Altresì, a causa della sua natura cronica, la Distimia può essere associata a cambiamenti funzionali persistenti dell’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Anche i neurotrasmettitori giocano un ruolo chiave nella Distimia: il modo in cui i neurotrasmettitori (ad esempio la serotonina) interagiscono con i neurocircuiti influenza certamente il mantenimento o meno di un umore stabile.
In aggiunta, la distimia potrebbe essere causata da fattori ereditari: è dimostrato che i soggetti che hanno parenti di primo grado, come ad esempio i propri genitori, con diagnosi di disturbo depressivo persistente o disturbi depressivi in generale incorrono nel rischio, 2 volte maggiore, di convivere con il disturbo distimico.
Poiché la Distimia è una malattia cronica, può essere difficile identificare eventi specifici della vita che siano propulsori dell’insorgenza della malattia.
Tuttavia, non sarebbe irragionevole proporre che alcuni eventi avversi della vita, in particolare l’incapacità di far fronte ai problemi quotidiani o alle esperienze di stress cronico, possano far precipitare o aggravare la malattia.
In alcuni casi, fattori di stress gravi e duraturi possono avviare e mantenere la depressione cronica anche in assenza di marcate vulnerabilità preesistenti, in particolare nel contesto di risorse ambientali e psicosociali limitate. Per esempio, la Distimia può svilupparsi di fronte a una malattia medica invalidante o alla malattia cronica di una persona cara. Un numero crescente di studi avvalla la tesi per cui le avversità infantili, compresi gli abusi sessuali e fisici, così come la negligenza e il rifiuto dei genitori, sono un fattore di rischio per la depressione, così come anche la perdita di un genitore o il divorzio.
Come riconoscere la distimia? Gli individui con disturbo depressivo persistente descrivono il loro umore come triste o “giù di corda”. Tuttavia, poiché i sintomi della distimia sono divenuti parte dell’esperienza quotidiana dell’individuo, in particolare nel caso di esordio precoce (“Sono sempre stato così”), essi possono non essere riferiti, o essere sottostimati.
I sintomi della Distimia si dividono in sintomi fisici e psicologici.
I sintomi fisici sono:
Tra i sintomi psicologici ritroviamo:
Per poter porre diagnosi di Distimia secondo il DSM-5, l’umore depresso deve essere presente per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, per almeno 2 anni (nei bambini e negli adolescenti, l’umore può essere irritabile e la durata deve essere di almeno 1 anno).
Il clinico, inoltre, per porre diagnosi di Distimia deve osservare la presenza, quando il paziente è depresso, di due (o più) dei seguenti sintomi:
Inoltre, durante i due anni i sintomi (umore deflesso e sintomi associati) sono presenti per non meno di 2 mesi alla volta, causando disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
Nel caso in cui vengano ravvisati sintomi associabili alla Distimia diventa indispensabile rivolgersi ad uno specialista psichiatra o psicologo. Oltre al colloquio clinico, alla raccolta di informazioni anamnestiche e ad eventuali esami per escludere la presenza di altre patologie organiche, lo psicologo durante la sua valutazione può avvalersi di test per la distimia o scale cliniche al fine di verificare la presenza di uno stato depressivo e la sua intensità. Tra i test è possibile utilizzare l’Hamilton Depression Rating Scale o il Back Depression Inventory, entrambi questionari psicodiagnostici che indagano la presenza dei principali sintomi depressivi (pessimismo, sensazione di insuccesso o soddisfazione, senso di colpa, ecc.) e la loro gravità.
Fattori predittivi di una prognosi di Distimia a lungo termine più negativa includono maggiori livelli di nevroticismo o affettività negativa, che riflettono una certa sensibilità agli stimoli negativi con conseguenti stati d’animo negativi, accompagnati da tristezza, paura, ansia, senso di colpa e rabbia. Il temperamento tipico dei soggetti che sperimentano stati depressivi invalidanti include tratti quali:
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Quando la Distimia diventa persistente nel tempo e comporta sofferenza può portare ad una condizione cronica. La distimia cronica può comportare una maggiore compromissione delle relazioni sociali e delle attività lavorative del soggetto, oltre ad associarsi ad altri disturbi psichiatrici e a comportamenti autolesivi e suicidari.
Ma quali sono le conseguenze sulla funzionalità dei pazienti affetti da distimia? Che sia cronica o meno, la distimia può portare ad una minore o maggiore compromissione della qualità di vita del soggetto, impattando sulla qualità delle sue relazioni e sulle attività lavorative dello stesso. Le conseguenze possibili, infatti, sono:
A tal proposito, come tutti i disturbi depressivi, la Distimia è contraddistinta da un forte rischio di comorbidità psichiatrica in generale. Più nello specifico è probabile che un soggetto distimico presenti anche:
Dalla distimia si guarisce? I soggetti distimici possono ricercare il supporto specialistico necessario solo se hanno riconosciuto nei loro comportamenti e nei loro pensieri una componente patologica o se li vivono con disagio. Questa consapevolezza purtroppo non è semplice da raggiungere perché la Distimia è un disturbo presente per un periodo di tempo ampio, tanto da portare il paziente a convincersi che i sintomi non siano altro che tratti della propria personalità e del proprio modus operandi.
Dalla Distimia quindi si può guarire? La risposta a questa domanda è si. Per la guarigione, o per il miglioramento della sintomatologia distimica, occorre però una notevole collaborazione da parte del paziente. Il trattamento della Distimia si basa su un’adeguata psicoterapia unita alla somministrazione di terapia farmacologica specifica, qualora sia opportuno.
Nello specifico, la Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) ha mostrato una buona efficacia sulla Distimia. La TCC, infatti, è d’aiuto per i pazienti distimici nella comprensione dei pensieri ricorrenti che diventano un circolo vizioso che mantiene la malattia, lavorando su di essi fino a sostituirli con nuove modalità di pensiero e di comportamento più funzionali. Un particolare interesse è posto dalla TCC alla cura di schemi di pensiero, emotivi e comportamentali e alla relazione del soggetto con essi, utilizzando protocolli specifici quali la Schema-Therapy, il lavoro sul benessere psicologico e la Mindfulness.
Infine, relativamente alla terapia farmacologica, si possono prescrivere al paziente distimico farmaci antidepressivi. Quelli più comunemente prescritti sono: