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“La comunicazione attraverso i network e comunità virtuali ha il suo prezzo”. Questo l’incipit di uno studio dell’Università del Mississippi sul fenomeno del Flame (Alonzo & Aiken, 2004).
Il concetto di violenza relazionale presenta varie modalità di espressione: una di queste è, appunto, il “Flaming”. Tale atteggiamento si configura quando una persona decide di attaccarne un’altra, attraverso messaggi aggressivi, all’interno di uno spazio virtuale condiviso, come blog, social, chat, forum e così via. Chi adotta questo genere di condotta vìola apertamente la cosiddetta netiquette, ovvero il codice di comportamento da seguire quando ci si rapporta con altri utenti nel mondo virtuale.
Il flaming rientra tra le tipologie di cyberbullismo, in quanto si manifesta come una configurazione di “azioni aggressive ed intenzionali, di una persona o di un gruppo, realizzate mediante strumenti elettronici, il cui obiettivo è quello di provocare danni ad un coetaneo incapace di difendersi”. Definizione fornita dal Ministero dell’Istruzione.
Il termine flaming deriva dalla parola inglese “flame”, la cui traduzione è “fiamma”.Il significato di flaming è dunque “infiammare”: con questa colorita metafora, ci si riferisce all’atto di offendere, insultare, provocare una persona sulle piattaforme web. Il fine è quello di infuocare gli animi e di ingaggiare discussioni anche violente verbalmente, pur mantenendosi nascosti dietro un pc.
Molti studiosi si sono chiesti quali possano essere le radici psicologiche che conducono al Flaming. Uno di questi elementi è quello dell’anonimato, il quale protegge i soggetti dal doversi esporre in prima persona e può contribuire a sviluppare quel fenomeno psicologico noto anche come “Online Disinhibition Effect”. Esso si configura come la tendenza a sentirsi audaci ed espliciti nelle comunicazioni online, molto più di quanto non si farebbe dal vivo. Una tale comunicazione composta da aggresioni verbali potrebbero essere una delle cause di episodi traumatici le cui conseguenze potrebbero portare all’insorgere di disturbi del comportamento alimentare causati dai social media e dai messaggi veicolati attraverso questo potenze mezzo di comunicazione.
Spesso, atteggiamenti di Flaming e cyberbullismo vengono innescati a causa del senso di appartenenza ad un gruppo: un esempio può essere quello di battaglie virtuali ingaggiate per “difendere” il proprio brand preferito o per sostenere la propria squadra di calcio. Si evincono dunque fazioni ben distinguibili che possono creare una linea di demarcazione netta tra chi appartiene a quel gruppo (ingroup) e chi ne è escluso (outgroup). Tale fenomeno va inoltre a rinforzare il concetto legato alla propria identità, andandone a rinsaldare i confini.
Altre cause, non necessariamente psicologiche, connesse al Flaming sono la scarsa comprensione dei contenuti pubblicati online, a causa della velocità con cui si leggono messaggi, notizie, chat, che può contribuire ad una difficile decodificazione di ciò che l’altro aveva realmente intenzione di comunicare. Uno studio molto curioso a tal proposito è quello condotto da Kruger (2005), il quale mostra chiaramente che, in assenza degli aspetti paraverbali e non verbali, la comunicazione online risulta fortemente inficiata: in particolare le persone comprendono il tono di una mail soltanto nel 50% circa dei casi, interpretandolo in base al proprio umore in quel momento. Un numero sorprendente se si pensa che la maggior parte delle comunicazioni ad oggi avviene tramite questo strumento. Tale ricerca rivela molto di come, talune volte, si innescano messaggi anche violenti nelle comunità virtuali.
Esistono differenti forme di questo fenomeno:
Nonostante il fenomeno del Flaming possa manifestarsi in differenti occasioni, vi sono alcuni spazi nella comunità virtuale che risultano più soggetti a tale rischio. Tra questi sicuramente si possono annoverare le piattaforme di giochi interattivi, dove spesso è possibile anche accedere alle chat. All’interno di questi contesti, di fatto, la presenza dell’aspetto competitivo può costituire una miccia che contribuisce ad infiammare le discussioni online. Nei contesti videoludici infatti, i giocatori più esperti possono accendere contese infuocate per offendere i meno esperti, i new users, o semplicemente per generare confusione. Dunque è più probabile in queste circostanze che i player possano manifestare una tendenza maggiore ad esprimere frasi cariche di odio, aggressività, rabbia apparentemente connesse al gioco, ma talvolta risalenti a problematiche personali precedenti. Infatti, è molto probabile che atti di flaming si verifichino in note piattaforme di gioco come Minecraft o sui social network come Facebook. Spesso si tende a credere, in maniera erronea, che l’atteggiamento aggressivo possa rappresentare una qualche conseguenza di una forma di dipendenza da chat o di dipendenza dai social network. Tuttavia, un utilizzo eccessivo di queste piattafome di comunicazione non possono rappresentare uno dei fattori scatenanti che portano il soggetto ad esprimere frasi, giudizi ed espressioni offensive verso il proprio interlocutore. Piuttosto, è l’elemento dell’anonimato, la possibilità di nascondersi dietro ad uno schermo e la consapevolezza di non subire particolari conseguenze a rendere tali soggetti legittimati a compiere atti di flaming.
Se sei interessato a saperne di più sulle patologie legate ad un utilizzo eccessivo di internet, ti consigliamo la lettura del nostro articolo di blog: “Dipendenza da Internet: Cos’è e Come Curarla“.
Nel caso in cui ci si ritrovi ad essere vittima o ad assistere ad episodi di Flame, è necessario rammentare che lo scopo principale dei flamer è da un lato quello di prevaricare la persona più debole, come ad esempio un giocatore inesperto di un videogame, dall’altro quello di alimentare la battaglia di fiamme. Come fare dunque ad estinguere questo incendio prima ancora che divampi?
Talvolta, può capitare, anche senza averlo preventivato, di essere i responsabili di un episodio di Flaming, proprio a causa dell’ambiguità della comunicazione online. Un messaggio scritto con un’intenzione pacifica potrebbe essere stato espresso scorrettamente o essere stato travisato dal destinatario. Cosa si può fare quindi per evitare di creare Flaming?