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La nevrosi ossessiva è una problematica complessa e di difficile riconoscimento, nonostante condizioni molto la salute psico fisica di chi la sperimenta.
La persona che soffre di Nevrosi Ossessiva ha come punto cruciale e problematico nei confronti di se stesso, l’alterazione della propria volontà. È costretto, cioè, a mettere in atto pensieri e/o azioni che vanno contro la propria volontà al fine di ridurre, evitare, controllare possibili conseguenze deleterie per sé, per gli altri, per il contesto circostante.
Proprio come chi soffre di fobia incentra su un oggetto per cui prova repulsione l’origine della propria ansia per distanziarla da sè, chi soffre di nevrosi ossessiva la concentra in determinate immagini, “fisse“. ossessioni, pensieri intrusivi e riconosciuti come illogici che si presentano indesiderati e contro la volontà della persona, la quale ne diventa schiava e cerca di mediarle attraverso delle compulsioni, dei rituali spesso ripetitivi e senza senso che diventano veri e propri automatismi. Vediamo meglio di cosa si tratta.
La caratteristica principale della nevrosi ossessiva è la manifestazione, involontaria e disturbante, di ossessioni, pensieri, idee fisse (idee, pensieri statici e che non hanno flessibilità di ragionamento) che la persona è costretta a sperimentare.
Questi pensieri, che possiamo definire ossessioni, sono invischianti e disturbanti perché l’individuo non ha capacità di cambiarli, non riesce a distinguerli dalla realtà e di conseguenza ne diventa schiavo.
La persona con nevrosi ossessiva si sente completamente impotente di fronte ai propri pensieri irrazionali, esagerati, disturbanti, e questa impotenza lo pone nella posizione di doversi “difendere” e salvaguardare la propria salute psichica di fronte a pensieri, idee contrarie alla propria volontà.
La risposta più adeguata e meno compromettente per chi subisce idee, pensieri e ossessioni contro la propria volontà è la manifestazione di rituali, chiamati in psicologia compulsioni, che appunto servono all’individuo per ridurre la quantità deleteria di stress, ansia, dolore, fastidio che avverte a causa delle ossessioni.
Questi rituali sono quindi azioni ripetute e standardizzate, in modo estremamente ordinato e analizzato, che hanno come finalità la riduzione di ossessioni compromettenti e impossibili da governare.
La ritualità in risposta alle ossessioni può fornire una soluzione temporanea, poiché appunto le idee fisse non sono governate dal diretto interessato. Questa soluzione temporanea fa sì che l’individuo riponga la sua disperata ricerca di tranquillità in sempre più azioni e compulsioni che possano mediare i pensieri ossessivi della psiche.
Le azioni diventano un vero e proprio circolo vizioso che non fa altro che incrementare le compulsioni e ridurre appunto la tranquillità dell’individuo, il quale diventa consapevole dell’inutilità di tali azioni ma non riesce a sottrarsene.
La nevrosi parola “ossessione” ha avuto modo di essere utilizzata già nel 1800.
Ad esempio, tra il 1809 e il 1836, autori come Pinel e Esquirol definivano alcune problematiche osservate in studio attraverso atteggiamenti ripetuti che avevano come finalità la riduzione di pensieri e rappresentazioni mentali disturbanti.
Diversi autori successivi, primo tra tutti Sigmund Freud, hanno poi migliorato la spiegazione e definizione di tale costrutto.
Tra la fine del diciannovesimo secolo e gli inizi del ventesimo, Freud attraverso i suoi studi definì in modo specifico il significato della nevrosi ossessiva.
La definizione di nevrosi ossessiva venne esplicitata dopo il lavoro con un paziente di nome Ernst Lanzer, vissuto tra il 1878 e il 1914. Il caso è stato denominato “l’uomo dei topi”, poiché questo paziente si presentò da Freud con l’ossessione nei confronti dei topi.
Ricostruendo la sua storia personale, Freud comprese come l’uomo avesse spostare un impulso aggressivo che aveva nei confronti del padre, su una ossessione nei confronti dei topi poiché da piccolo fu ripreso e picchiato dal padre per aver avuto un comportamento problematico (aveva morso la governante) simile ad un topo (che morde). Questo momento di umiliazione aveva scatenato nel bambino un odio aggressivo e violento nei confronti del padre che non poteva essere esplicitato, pena “l’angoscia di morte” (poiché nella testa di un bambino, il papà è sempre più forte di lui).
Per sublimare e ridurre l’impulso aggressivo, il bambino aveva iniziato a trasformare, inconsciamente, l’aggressività in paura e a spostare la paura, trasformandola in ossessione, sui topi.
L‘Uomo dei Topi era in realtà un avvocato di circa trent’anni, di nome Ernst (oppure Paul) Lanzer, vissuto fra il 1878 e il 1914, che aveva sofferto fin dalla prima infanzia di impulsi ossessivi, aggravatisi negli ultimi quattro anni, al punto di compromettere sia la sua vita privata, sia quella lavorativa.
Freud successivamente espose il caso al congresso di Salisburgo nel 1908, sei mesi dopo la presa in cura dell’uomo, intitolando il caso “Osservazioni su un caso di Nevrosi Ossessiva”.
I successivi contributi rispetto alle teoria freudiane sono stati raccolti e sintetizzati dalla figlia, Anna Freud, durante il Congresso dell’International Psychoanalytic Association del 1965. Tali teorie hanno definito in modo specifico cosa succede quando si manifesta la nevrosi ossessiva: avviene uno spostamento di una emozioni impossibile da provare nei confronti di altro (perché causerebbe una conseguenza fisico psicologica deleteria per il protagonista) su un pensiero, un oggetto, una situazione, un animale che diventa disturbante e compromettente per la quotidianità dell’individuo.
La nevrosi ossessiva viene citata per la prima volta nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali nella prima e seconda edizione.
In queste due prime versioni si effettuava una distinzione tra nevrosi e psicosi (leggi anche il nostro articolo sul DOC e psicosi), distinzione che verrà poi scardinata nella terza edizione e lascerà il posto alla nomenclatura utilizzata ad oggi del Disturbo Ossessivo Compulsivo, che rientra nelle sindromi psiconevrotiche, ed in effetti rappresenta la classe di disturbi più diffusa di situazioni nevrotiche.
In definitiva, la nevrosi ossessiva è la prima forma espressa e decodificata di ciò che oggi chiamiamo disturbo ossessivo compulsivo, pur avendo avuto, negli anni, una differente descrizione e specificazione sintomatologica.
Ad oggi, il termine nevrosi ossessiva non viene utilizzato più dai professionisti che prediligono la nomenclatura Disturbo ossessivo compulsivo e lo distinguono dalla psicosi, dall’ansia, dalle nevrosi di altro tipo.
La persona che presenta una nevrosi ossessiva, o DOC, presenta come principali caratteristiche un insieme definito o differente, giorno dopo giorno, di pensieri, ossessioni, idee di riferimento, idee fisse, immagini, ragionamenti statici e che non riesce minimamente a controllare né a ridurre, modificare, combattere.
Questi pensieri pervasivi e disturbanti possono essere “controllati”, seppur in modo temporaneo e non definitivo, da comportamenti, azioni, messa in atto di agiti che hanno come obiettivo la riduzione dell’angoscia e della impossibilità di controllare i pensieri ossessivi.
Queste compulsioni non provocano purtroppo una estinzione del pensiero ossessivo e portano la persona a diventarne dipendente come se entrasse in un circolo vizioso senza via di uscita fatto di ossessioni e compulsioni in risposta (salvifica ma disfunzionale) alle ossessioni iniziali.
Le ossessioni, nel DSM, vengono definite come “idee, pensieri, impulsi, immagini persistenti che vengono esperiti almeno inizialmente come intrusivi o senza senso.
Il soggetto tenta di ignorare o sopperire a tali pensieri o impulsi o di neutralizzarli con altri pensieri e azioni”.
Le compulsioni sono definite invece come “comportamenti ripetitivi, finalizzati e intenzionalmente eseguiti in risposta ad un’ossessione, secondo certe regole ed in modo stereotipato. L’individuo riconosce che il suo comportamento è irragionevole ed eccessivo”.
Di conseguenza, chi soffre di nevrosi ossessiva, o allo stesso modo di DOC, presenta sintomi ossessivi come pensieri, impulsi, idee che non riesce a controllare e che reputa eccessive, in modo più o meno ragionevole, senza riuscire a ridimensionarle con un ragionamento funzionale.
I sintomi possono riguardare differenti istanze, come l’ossessione per un pensiero, per un oggetto, per un’idea, per una persona, per un luogo, per una situazione. La compulsione che ne deriva può o non essere necessariamente correlata all’ossessione in termini di coerenza, ma è utile alla persona per limitatamente ridurre l’angoscia e l’ansia che l’ossessione procura.
Un esempio può essere una persona con una nevrosi ossessiva nei confronti del pericolo che accende e spegne ripetutamente per un numero definito di volte la luce della cucina al fine di evitare, in modo delirante, che possa succedere un brutto episodio a se stesso o ai propri cari.
Le cause alla base della manifestazione della nevrosi ossessiva possono essere diverse ed includere differenti fattori.
Per questo motivo, è indicato piuttosto parlare di “fattori di rischio” più di vere e proprie cause, fattori cioè che possono aumentare la possibilità che si manifesti il disturbo.
Elencando i possibili fattori, troviamo:
La difficoltà più grande nei confronti della nevrosi ossessiva, soprattutto negli anni di attività di Freud, fu distinguere la nevrosi dall’isteria.
È risaputo che Sigmund abbia trattato spesso casi di donne “isteriche”, che cioè, soprattutto in quegli anni, vivevano una condizione relazionale con la propria dimensione erotica, problematica e difficile. La difficoltà emergeva per via della condizione della donna in quegli anni, che veniva definita più o meno “adeguata” in base al livello erotico o casto che presentava nel rapporto con il proprio uomo.
Spesso quindi la negazione del proprio istinto erotico, che appartiene a tutti gli esseri umani, e la convinzione che questo istinto, innato, fosse sbagliato, poneva le donne in una condizione in cui erano inconsciamente “costrette” a spostare l’impulso verso un oggetto, un pensiero, un’azione che però era problematica come veniva definito l’impulso stesso.
La nevrosi ossessiva femminile è caratterizzata dalle stesse problematiche vissute dagli uomini, con la differenza che nei primi del novecento il ruolo della donna avesse una distanza sostanziale e fosse reputato meno importante a livello gerarchico, di quello dell’uomo.
Nel panorama attuale possono essere differenziati due altri tipi di nevrosi:
La nevrosi isterica è caratterizzata da sia sintomi somatici (fisici ma manifestati a causa di problematiche psicologiche non elaborate) che da differenti disturbi che possono essere elencati quanto segue:
La nevrosi fobica invece, è caratterizzata da una paura eccessiva ed irrazionale nei confronti di un oggetto, un animale, un’azione, una persona. La persona comprende che la sua paura sia irrazionale ma non riesce a contenerla, ridurla e di conseguenza si sente costretta ad evitare l’oggetto fobico per appunto evitare conseguenze ansiogene.
L’aspetto più importante da tenere in considerazione per migliorare la qualità di vita deficitaria a causa della nevrosi è iniziare un percorso psicologico ben strutturato che può essere associato anche ad un trattamento farmacologico.
Verranno indicati dei compiti da eseguire con lo psicologo prima e in autonomia durante la quotidianità, dopo, finalizzati a ridurre la manifestazione dell’ossessione e a gestire in modo funzionale la conseguente ansia che ne deriva.
L’obiettivo sarà quello di estinguere il sintomo e di migliorare la qualità di vita dell’individuo schiavo delle proprie ossessioni.