Terapia Metacognitiva (MCT): Cos’è, Benefici e Come Funziona

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Terapia Metacognitiva (MCT): Cos’è, Benefici e Come Funziona

Cos’è la Terapia Metacognitiva? Significato, esercizi e quali disturbi può curare

La Terapia Metacognitiva (MCT) è un nuovo approccio terapeutico basato sul principio che la metacognizione è alla base della comprensione del funzionamento del nostro modo di pensare e di come elaboriamo le esperienze coscienti che abbiamo di noi stessi e del mondo che ci circonda. È particolarmente utile per il trattamento dei disturbi d’ansia e della depressione nelle loro diverse forme. L’articolo prenderà in esame cos’è La Terapia Metacognitiva ed il suo significato, su quali meccanismi di pensiero agisce e con quali tecniche ed esercizi è possibile gestire il disagio psicologico.

terapeuta applica terapia metacognitiva su una paziente in cura

Cos’è la terapia metacognitiva?

La Terapia Metacognitiva (MCT) prende avvio in anni recenti, precisamente negli anni ‘90. Adrian Wells e Gerald Matthews, infatti, proprio in quegli anni, adottarono un innovativo approccio psicoterapico mirato al trattamento del Disturbo d’Ansia Generalizzato (GAD).

Ma che significato ha la terapia metacognitiva, e cosa si intende per metacognizione? I due autori hanno elaborato il modello di Autoregolazione delle Funzioni Esecutive (S-REF), che tuttora è indicato come il modello metacognitivo dei disturbi psicologici per eccellenza. Il S-REF, secondo cui il disagio psicologico nasce e viene mantenuto da metacredenze disfunzionali, è composto da 3 livelli di cognizione che interagiscono tra loro:

  • Al livello inferiore avviene una elaborazione automatica degli stimoli. L’elaborazione a questo livello non dipende esclusivamente dalle risorse cognitive, ma è in gran parte riflessiva. Il livello inferiore è prevalentemente automatico, nel senso che le risorse attentive richieste sono minime e l’elaborazione avviene prevalentemente al di fuori della consapevolezza cosciente;
  • Il livello intermedio è coinvolto nella valutazione degli eventi mediante processi cognitivi consapevoli e nel controllo dei nostri pensieri e delle nostre azioni;
  • Il livello superiore consiste in un magazzino di credenze riferite a se stessi e ai processi di pensiero, all’utilità o alla pericolosità dei pensieri legati alla paura, al rimuginio o alla ruminazione.

L’obiettivo primario della Terapia Metacognitiva è pertanto quello di trattare i disturbi psicologici, rimodellando le credenze metacognitive dei pazienti e consentendo loro una elaborazione più adattiva dei pensieri e delle emozioni.

La MCT viene considerata una terapia di terza generazione, così come gli approcci mindfulness, la schema therapy, la terapia ACT (Acceptance and Commitment Therapy) e molti altri. Tutte queste nuove tecniche nascono dalla più tradizionale Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT).
Esistono però alcune differenze tra i due approcci:

  • La terapia cognitivo comportamentale si occupa dei significati che le persone danno alle loro esperienze, presupponendo che il problema risieda in visioni errate e distorte di sé e del mondo. Si tratta di cambiare questo contenuto di pensiero e la convinzione della persona nella validità di quel contenuto.
  • La terapia metacognitiva si occupa, invece, del modo in cui le persone pensano e presume che il problema si basi su stili di pensiero inflessibili e ricorrenti in risposta a qualsiasi pensiero, sentimento o credenza negativa. Si concentra quindi sulla rimozione di stili di elaborazione inutili e delle metacognizioni disadattive.

Cos’è la metacognizione?

Con il termine metacognizione ci si riferisce ai pensieri di ordine superiore che implicano il controllo attivo sui processi cognitivi impegnati nell’apprendimento, tra cui l’attenzione. Più semplicemente può essere intesa come cognizione sui fenomeni cognitivi, o ancora come il pensare relativo ai pensieri propri e altrui, elaborandoli, monitorandoli e controllandoli.
Facciamo un esempio pratico per capire il significato di metacognizioni: quante volte ci è capitato di non ricordare il nome di un conoscente in situazioni sociali, di pensare di conoscere la risposta ad una domanda che però in quel dato momento ci sfugge o di riflettere sul fatto che la strategia da noi individuata per la soluzione di un problema non è risultata efficace. Tutti questi pensieri e consapevolezze sono degli esempi di metacognizioni, ovvero pensieri o riflessioni circa i nostri processi cognitivi.
Le sue componenti sono:

  • Credenze metacognitive, che racchiude l’abilità di comprendere i propri processi cognitivi, regolandoli e controllandoli;
  • Regolazione metacognitiva, ossia la capacità di monitorare e agire un controllo attivo sui processi cognitivi, che si basano sulla conoscenza metacognitiva, al fine di scegliere come agire o correggere le proprie strategie d’azione;
  • Esperienze metacognitive, cioè qualsiasi esperienza cognitiva o affettiva cosciente che accompagna lo svolgimento di compiti che richiedono il pensare, influenzando i giudizi e le decisioni.

I processi metacognitivi vengono sorretti da strategie metacognitive, tra cui la pianificazione, il monitoraggio e la valutazione. La pianificazione include tutte quelle attività volte alla determinazione di procedure che orientano il pensiero, alla selezione di strategie appropriate e all’allocazione delle risorse disponibili. Il monitoraggio, invece, si riferisce ad una continua consapevolezza della comprensione del mondo che ci circonda e dei nostri pensieri. Le attività di monitoraggio includono il controllo delle informazioni sulle attività per convalidare la comprensione, la destinazione delle risorse attentive verso le idee importanti e la segnalazione di ambiguità informative. Infine, la valutazione implica l’esame e l’eventuale correzione dei propri processi cognitivi. Questi includono la valutazione del proprio ragionamento, degli obiettivi e delle conclusioni e le possibili revisioni quando necessario.

Metacognizione e rimuginio: Sindrome Cognitivo-Attentiva (CAS)

La teoria metacognitiva dei disturbi psicologici si basa su un assunto di base: i pensieri e le emozioni negative sono di solito esperienze transitorie. Persistono, però, e diventano problemi psicologici quando l’individuo attiva uno specifico modello o stile di pensiero che è dannoso per l’autoregolamentazione e l’eliminazione di queste esperienze angoscianti.
Questo modello è chiamato Sindrome Cognitiva dell’Attenzione (CAS) e consiste in preoccupazioni, ruminazione (approfondisci nel nostro articolo su rimuginio e ruminazione), monitoraggio delle minacce e strategie di coping disfunzionali che interferiscono con l’autoregolazione. Il disordine psicologico può essere letto, in quest’ottica, come la conseguenza della “perseveranza mentale”, cioè del ritorno ripetuto del pensiero su un particolare argomento. Tale modalità di funzionamento cognitivo viene impiegata come tentativo di gestire pensieri e sentimenti angoscianti.

Il modello proposto da Wells suggerisce, inoltre, che il CAS derivi dalle credenze metacognitive positive e negative di una persona, cioè dalle credenze sulla cognizione. Lo psicologo britannico, infatti suggerisce che le metacognizioni positive sono credenze sulla necessità di impegnarsi in attività CAS, ad esempio, “La preoccupazione mi aiuta a rimanere preparato”; le metacognizioni negative, invece, sono credenze sull’incontrollabilità e la pericolosità di pensieri e sentimenti, ad esempio, “Non ho alcun controllo sulla mia preoccupazione/ruminazione” e “Sentire questo significa che sto perdendo la testa”.

Come già anticipato, le metacredenze, positive e negative, dovrebbero essere uno strumento utile a fronteggiare situazioni che ci causano stress, ansia o una deflessione del tono dell’umore. La loro ricorsività però è come un boomerang che spesso torna verso di noi con gli interessi: i pensieri metacognitivi messi in atto, per regolare una certa attivazione emotiva, diventano abituali e non fanno altro che accrescere il disagio psicologico. Per esempio i pazienti con disturbi d’ansia mostrano un funzionamento cognitivo caratterizzato dal costante ripetersi di pensieri e paure riferite al futuro e a possibili scenari carichi di preoccupazione e stress. Chi, invece, convive con un disturbo depressivo solitamente volge lo sguardo verso il passato, tormentandosi con continue speculazioni cognitive sui vissuti dolorosi e le loro cause. Tutti questi pensieri, piuttosto che aiutare ad auto-regolarci, esacerbano la sintomatologia già presente, fino a renderla cronica.

La Terapia Metacognitiva si pone come obiettivo quello di individuare gli schemi cognitivi disfunzionali e sopprimerli, sostituendoli con nuovi pensieri più adattivi, con una partecipazione attiva dei pazienti. Questo nuovo approccio pertanto agisce direttamente sul CAS, rompendo il circolo vizioso del disagio psicologico e agendo un controllo sulla ricorsività dei pensieri negativi intrusivi che si attivano in risposta ad eventi dolorosi o stressanti.

terapeuta tiene la mano di una paziente applicando la terapia metacognitiva

Per quali disturbi viene impiegata la Terapia Metacognitiva?

La Terapia Metacognitiva viene utilizzata per diversi disturbi: attualmente è di largo impiego, risultando un paradigma trasversale, applicabile in contesti transdiagnostici. Da una meta analisi condotta da Norman, van Emmerik e Molina nel 2014 è emerso, infatti, che la MCT sia efficace per i seguenti disturbi:

  • Disturbo d’Ansia Generalizzato, modificando diversi fattori metacognitivi, tra cui le strategie controproducenti di controllo del pensiero, le convinzioni negative sulla pericolosità e incontrollabilità della preoccupazione e le convinzioni positive che supportano l’eccessivo affidamento alla preoccupazione come strategia di coping;
  • Disturbo Depressivo Maggiore, focalizzandosi sulla comprensione della ruminazione e scardinando tutti i processi cognitivi superflui o addirittura nocivi;
  • Disturbo Ossessivo-Compulsivo, agendo sulle credenze metacognitive relative al significato e alle conseguenze di pensieri e sentimenti intrusivi e sulle credenze sulla necessità di eseguire rituali e le conseguenze negative di non farlo;
  • Disturbo da Stress Post-Traumatico, aiutando i pazienti in relazione con i loro pensieri intrusivi, proponendo nuovi processi cognitivi di pensiero che riducono la preoccupazione e la ruminazione e rimuovono il monitoraggio delle minacce e il coping disadattivo. Per fare questo, mira a modificare le credenze metacognitive sulla ruminazione, la preoccupazione, l’attenzione e i sintomi.

Terapia metacognitiva: come funziona?

Nella MCT, le credenze metacognitive e i processi correlati alla CAS sono identificati e modificati durante il trattamento che è progettato per aumentare il controllo esecutivo del paziente e riguadagnare la flessibilità attentiva.

L’obiettivo della terapia metacognitiva è che il paziente comprenda che la preoccupazione e la ruminazione sono processi che possono essere posticipati, disimpegnandosi da ulteriori elaborazioni, che sono innocui e non hanno vantaggi. Per far questo, gli step di questo approccio sono:

  • Concettualizzare una formulazione del caso insieme al paziente, giungendo ad una consapevolezza dell’impatto della preoccupazione e della ruminazione e l’inefficacia delle attuali strategie di coping.
  • Messa in discussione verbalmente e utilizzo degli esperimenti comportamentali per testare e generare cambiamenti nelle previsioni metacognitive della persona o nelle credenze sulle strategie CAS. L’enfasi principale è posta sulle credenze negative, prima di passare a disinnescare le credenze metacognitive positive. Nella consapevolezza distaccata per esempio il paziente viene istruito a diventare consapevole dei pensieri trigger interni e distaccarsi da essi facendo un passo indietro e disimpegnando qualsiasi ulteriore coping o elaborazione perseverante in reazione ad essi.
  • Verso la fine della terapia l’attenzione è sull’inversione di qualsiasi attività CAS residua. La Terapia Metacognitiva pertanto combatte contro la convinzione del paziente che la preoccupazione e la ruminazione siano incontrollabili. Con la MTC il paziente pratica questi nuovi modi di reagire per innescare pensieri in terapia e tra le sessioni, e la loro implementazione è proposta per rafforzare la capacità del paziente di disimpegnarsi dai processi di preoccupazione e ruminazione.

La Terapia Metacognitiva consta di un numero breve di incontri (12-15) focalizzati su disturbi d’ansia o dell’umore specifico e prevede l’utilizzo di tecniche terapeutiche quali la tecnica di allenamento dell’attenzione o la consapevolezza distaccata (Wells, 2009). Complessivamente, MCT mira ad aumentare l’esperienza della persona di controllo attentivo, riducendo l’attenzione auto-focalizzata e promuovendo lo sviluppo di credenze adattive e strategie di coping, usando come base il modello dell’Autoregolazione delle Funzioni Esecutive, secondo cui vi sono dei fattori cognitivi che sottostanno al mantenimento della sofferenza psicologica.

Tecniche metacognitive

Diverse sono le tecniche utilizzate nella terapia metacognitiva (MCT). Tra esse ritroviamo:

  • L’Allenamento dell’attenzione (Training attentivo – ATT; Wells, 1990) è un compito uditivo che richiede al paziente di impegnarsi in attenzione selettiva, attenzione divisa e commutazione dell’attenzione.
  • La Consapevolezza Distaccata (Detached Mindfulness – DM) mediante la quale il paziente viene istruito a diventare consapevole dei pensieri trigger interni e distaccarsi da essi facendo un passo indietro e disimpegnando qualsiasi ulteriore coping o elaborazione perseverante in reazione ad essi.
  • La Rifocalizzazione Situazionale dell’Attenzione (SAR) che attraverso step specifici mira a mettere in discussione le metacredenze, ad aumentare le informazioni contrarie a queste e ad interrompere i pattern di pensiero disadattivi che mantengono la sensazione di pericolo, aprendosi a nuove informazioni.

Assieme a queste, metodo per eccellenza è il Dialogo Socratico che punta a stimolare la riflessione critica del paziente per giungere ad una maggiore consapevolezza del proprio funzionamento.

La terapia metacognitiva è efficace?

Numerosi studi hanno indagato l’efficacia della terapia metacognitiva: in una meta-analisi di Normann e colleghi (2014), condotta su 16 studi per un totale di 384, si metteva in luce l’elevata efficacia nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, comportando anche considerevoli riduzioni dei sintomi secondari di tali disturbi e cambiamenti duraturi come confermato anche al follow up. In questo studio, altresì, si riscontrava un maggiore effetto della terapia metacognitiva (MCT) rispetto alla Terapia Cognitivo-Comportamentale classica. Del resto, già Wells nel 2009 aveva evidenziato i benefici della MCT nei disturbi d’ansia e depressivi.

psicoterapeuta applica la terapia metacognitiva su una paziente con disturbo d'ansia

Differenze con la Terapia Metacognitiva Interpersonale

Spesso si tende a confondere la terapia metacognitiva con la terapia metacognitiva interpersonale, sebbene si tratti di due trattamenti distinti. Per il trattamento dei pazienti con disturbi di personalità i modelli della Terapia Metacognitiva vengono adattati, dando vita così alla Terapia Metacognitiva Interpersonale. Questa mira ad incrementare il funzionamento metacognitivo, per favorire il riconoscimento e il padroneggiamento di stati mentali problematici e migliorare le relazioni interpersonali. La terapia Metacognitiva Interpersonale si concentra su narrazioni impoverite, sulla sensazione di avere controllo limitato, stati mentali ricorrenti, disfunzioni metacognitive e su problemi di regolazione delle emozioni. Essa si sviluppa dapprima nella formulazione condivisa del funzionamento, in cui il terapeuta valuta la capacità narrativa, l’insieme di schemi interpersonali disadattivi, i problemi di metacognizione e le risposte auto-regolatorie tipiche del paziente. Poi ci si concentra sulla promozione del cambiamento, con l’adozione di strategie di pensiero e di funzionamento adattive, funzionali al mantenimento di un equilibrio psichico.

Il ruolo dell’Istituto Italiano di Terapia Metacognitiva

L’appropriatezza dell’applicazione della Terapia Metacognitiva in Italia è garantita dall’Istituto italiano di Terapia Metacognitiva che ha lo scopo di divulgare informazioni circa i risultati della ricerca scientifica sulla MCT e fornire percorsi formativi accreditati per diventare terapeuti metacognitivi.

Bibliografia

 

 

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